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~ La justice sans la force est impuissante, la force sans la justice est tyrannique

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Archives de Tag: respingimenti

Manifestazione Nazionale Antirazzista

05 lundi Oct 2009

Posted by Umoja in Manifestazione

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antirazzismo, clandestini, immigrati, Immigrazione, Manifestazione, migranti, respingimenti, roma

manifesto no fascione

ROMA 17 OTTOBRE 2009
Piazza della Repubblica, ore 14.30

Il 7 ottobre del 1989 centinaia di migliaia di persone scendevano in piazza a Roma per la prima grande manifestazione contro il razzismo. Il 24 agosto dello stesso anno a Villa Literno, in provincia di Caserta, era stato ucciso un rifugiato sudafricano, Jerry Essan Masslo.
A 20 anni di distanza, il razzismo non è stato sconfitto, continua a provocare vittime e viene alimentato dalle politiche del governo Berlusconi. Il pacchetto sicurezza approvato dalla maggioranza di centro destra risponde ad un intento persecutorio, introducendo il reato di “immigrazione clandestina” e un complesso di norme che peggiorano le condizioni di vita dei migranti, ne ledono la dignità umana e i diritti fondamentali.
Questa drammatica situazione sta pericolosamente incoraggiando e legittimando nella società la paura e la violenza nei confronti di ogni diversità.
Intanto, nel canale di Sicilia, ormai diventato un vero e proprio cimitero marino, continuano a morire centinaia di esseri umani che cercano di raggiungere le nostre coste.
E’ il momento di reagire e costruire insieme una grande risposta di lotta e solidarietà per difendere i diritti di tutte e tutti rifiutando ogni forma di discriminazione e per fermare il dilagare del razzismo.
Pertanto facciamo appello a tutte le associazioni laiche e religiose, alle organizzazioni sindacali, sociali e politiche, a tutti i movimenti a ogni persona a scendere in piazza il 17 ottobre per dare vita ad una grande manifestazione popolare in grado di dare voce e visibilità ai migranti e all’Italia che non accetta il razzismo sulla base di queste parole d’ordine׃

• No al razzismo
• Regolarizzazione generalizzata per tutti
• Abrogazione del pacchetto sicurezza
• Accoglienza e diritti per tutti
• No ai respingimenti e agli accordi bilaterali che li prevedono
• Rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro
• Diritto di asilo per rifugiati e profughi
• Chiusura definitiva dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE)
• No alla contrapposizione fra italiani e stranieri nell’accesso ai diritti
• Diritto al lavoro, alla salute, alla casa e all’istruzione per tutte e tutti
• Mantenimento del permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro
• Contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone gay, lesbiche, transgender.
• A fianco di tutti i lavoratori e le lavoratrici in lotta per la difesa del posto di lavoro

Comitato 17 ottobre

Per adesioni: comitatoroma17ottobre@gmail.com

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CLANDESTINO

14 lundi Sep 2009

Posted by Umoja in Riflettiamo

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alessandro ghebreigziabiher, Cem-mondialità, clandestino, extracomunitario, immigrato, lega nord, migranti, pacchetto sicurezza, respingimenti

di Alessandro Ghebreigziabiher*

in “Cem-mondialità” del novembre 2008

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Su una nave. In mare. Da qualche parte.

«Zio Amadou?». «Sì?». «Mi Senti?». «Sì che ti sento…». «Ma non mi guardi».

L’uomo si volta verso il nipote. Il ragazzino, poco più di sei anni, lo osserva dubbioso, tuttavia si

fida e riattacca: «Zio, tu conosci bene l’italiano?». «Certo, sono stato già due volte in Italia».

«Conosci tutte le parole?». «Sicuro Ousmane».

Il nipote si guarda in giro come se avesse timore di essere sentito da altri, e arriva al sodo: « Cosa

vuol dire extracomunitario?».

L’uomo, alto e magro, sui trent’anni ha la barba che gliene aggiunge almeno una decina. Non appena

sente l’ultima parola del bambino, si gira e fissa i propri occhi nei suoi. Trascorre un breve istante che sembra un’eternità in un viaggio in cui è in gioco la vita.

«Extracomunitario dici?» ripete sorridendo lo zio Amadou: «è una bellissima parola. I comunitari sono quelli che vivono tutti nella stessa comunità, come gli italiani, extracomunitario è qualcuno che viene da lontano a portare qualcosa in più».

«E questo qualcosa in più è una cosa bella?». «Certamente!» – esclama Amadou – «Tu ed io, una volta giunti in Italia, diventeremo extracomunitari. lo sono così così, ma tu sei di sicuro una persona bella, bellissima».

L’uomo riprende a far correre lo sguardo sulla superficie dell’acqua, ma Ousmane gli chiede ancora: «Cosa vuoi dire immigrato?».

Lo zio risponde subito: «Immigrato è una parola ancora più bella di extracomunitario. Devi sapere che, quando noi extracomunitari arriveremo in Italia e incominceremo a vivere lì, diventeremo degli immigrati». «Anch’io?». «Sì, anche tu. Un bambino immigrato. Sei anche extracomunitario, cioè qualcuno che porta alla comunità qualcosa di più bello, tutti gli italiani ci diranno grazie, cioè ci saranno grati. Da cui, immi-grati. Chiaro?».

«Chiaro zio. Prima extracomunitari e poi immigrati». «Bravo» approva soddisfatto Amadou eritorna a guardare il mare.

Poco dopo il bambino richiama ancora la sua attenzione. «Zio…». «Sì?» fa l’uomo voltandosi paziente per l’ennesima volta. « E cosa vuol dire clandestino?».

Questa volta Amadou compie un enorme sforzo per sorridere e gli dice: «Clandestino. Sai questa è  la parola più importante. Noi extracomunitari, prima di diventare immigrati, siamo dei clandestini. I

comunitari che incontrerai molto probabilmente ancora non lo sanno che tu hai qualcosa in più di bello e qualcuno di loro potrà insinuare il contrario. Tu non credere a queste persone. Per quante persone possano negarlo tu sei qualcosa di più bello e lo sai perché? Perché tu sei un clan-destino. Tu sei il destino del tuo clan, cioè della tua famiglia. Tu sei il futuro».

Amadou riprende ad osservare il mare. Ousmane finalmente si volta a guardare le onde. Il suo sguardo punta verso l’orizzonte: «Sono il futuro dei miei» pensa il bambino con orgoglio e commozione.

Chi può essere così ingenuo da pensare di poterlo fermare?

*ALESSANDRO GHEBREIGZIABIHER, scrittore e narratore teatrale, è nato a Napoli nel 1968 e attualmente vive a Roma. Tra le opere pubblicate, Tramonto (Lapis Edizioni, 2002), Mondo giovane (La Ginestra Editrice, 2006), Il poeta, il santo e il navigatore (Fermento Editore, 2006), Lo scrigno cosmopolita (La Ginestra Editrice, 2007), Tra la terra e l’acqua (Zampanera Editore, 2008) e L’intervallo (Intermezzi Editore, 2008). Dal 2003 è possibile leggere alcuni suoi testi sulla rivista Carta e dal 2008 scrive di teatro per conto della società Nanopublishing di Londra. Nel 2005 ha ideato il Laboratorio interculturale di narrazione teatrale e dal 2006 è il direttore artistico della Rassegna di narrazione teatrale Il dono della diversità.

Respinti, torturati e dimenticati

13 dimanche Sep 2009

Posted by Umoja in Diritti

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clandestini, migranti, respingimenti

di Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo

Ancora una volta, dopo qualche giorno di commozione per le vittime dell’ultima tragedia dell’immigrazione, mentre non si sa nulla di altre imbarcazioni cariche di migranti che, nei primi giorni di settembre, erano state segnalate alla deriva nel Canale di Sicilia, scattano puntuali i processi di rimozione o di mistificazione della realtà. Le alte gerarchie ecclesiastiche, dopo le critiche di una parte importante del mondo cattolico, tanto sul pacchetto sicurezza che sui respingimenti verso la Libia, ricevono con sorrisi e riconoscimento gli esponenti di quella stessa maggioranza che fino a pochi giorni fa li attaccava proprio per il dissenso espresso su questi temi . Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osser­vatore Romano, in un intervista rilasciata pochi giorni fa al corriere della Sera è giunto a giudicare «imprudente ed esagerato» l’editoriale di Avvenire sulle stragi di immigrati in mare. Se il direttore dell’Avvenire ha forse ecceduto nel paragonare lo sterminio dei migranti alla Shoah, il comportamento attuale dei vertici della chiesa che ricevono i rappresentanti leghisti del governo ricorda l’atteggiamento del Vaticano nei confronti del fascismo. E molti hanno ancora ben chiare le conseguenze di quella legittimazione di un regime dittatoriale.

I finanziamenti alle scuole private e la chiusura sul testamento biologico e sulla salute riproduttiva della donna costituiscono forse la merce di scambio che si gioca sulla pelle dei migranti e dei richiedenti asilo. La compassione per i cadaveri in mare o per le donne stuprate dalla polizia libica dura appena il tempo di sostituire il direttore (ritenuto peraltro un moderato)di un giornale costretto alle dimissioni e poi si ritorna al solito scambio di visite diplomatiche ed alle rassicurazioni che tra il Vaticano e l’Italia i rapporti vanno benissimo. Quell’Italia che, in mano a Berlusconi ed ai leghisti, continua a trattare Gheddafi come un alleato privilegiato malgrado le violenze e gli abusi ai danni dei migranti detenuti in Libia. Violenze ed abusi documentati che ormai tutti conoscono ma che tanti accettano, ed anzi esaltano, come prova dell’impegno dell’Italia nella “guerra” all’immigrazione “illegale”. Qualcosa di tanto disumano da vergognarsi di essere italiani. Ma che non impedisce alla gerarchia vaticana di ricevere Bossi e Calderoli e di subire in silenzio i loro proclami.

Si nasconde il sostegno dato da Gheddafi al dittatore sudanese, condannato per crimini contro l’umanità ( le stragi in Darfur) dal Tribunale penale internazionale, al dittatore eritreo, ed ai signori della guerra in Somalia. Chi sostiene i carnefici diventa un carnefice. Neppure le foto delle violenze e degli assassini di somali nel carcere di Bengasi, ed i racconti degli orrori a cui nei centri di detenzione libici sono sottoposti i profughi eritrei, scalfiscono il cinico calcolo economico ed il coacervo di interessi oscuri che accomuna alla polizia libica diversi esponenti del mondo politico, economico e culturale italiano. Ed anche l’Italia si avvita in pratiche sempre più disumane. I pattugliamenti congiunti ed i respingimenti collettivi continuano e da maggio sono oltre 1. 500 i migranti riconsegnati dalle unità militari italiani alla polizia libica. I militari italiani che hanno consegnato migranti che chiedevano asilo ed imploravano di non essere sbarcati a Tripoli per essere consegnati alla polizia libica sono altrettanto responsabili dei torturatori che seminano il terrore nelle prigioni e nei centri di detenzione di Gheddafi. Numerose fotografie documentano in modo implacabile come i militari italiani si siano resi responsabili di “trattamenti inumani e degradanti” vietati dalla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo. Di molti di quei migranti respinti dagli uomini in divisa della nostra marina e della guardia di finanza, tra loro anche donne in stato di gravidanza e minori non accompagnati, oggi non si sa più nulla.

I ministri ( Maroni e Frattini in testa), lo stesso Berlusconi, gli apparati di informazione che obbediscono ai loro ordini ( guidati dai nuovi vertici Preziosi e Minzolin), i giornali e le televisioni “di famiglia”, dopo avere colpito e costretto alla difensiva ( o al silenzio) quella parte del mondo cattolico che aveva criticato la politica del governo sull’immigrazione e sull’asilo, si stanno esibendo nel consueto esercizio che alterna allarmismo e rassicurazioni allo scopo di mantenere il consenso elettorale conquistato proprio sfruttando l’emergenza immigrazione. Dopo le paure per la sicurezza, fomentate prima e durante la campagna elettorale, adesso gli stessi responsabili della crisi economica stanno dimostrando “cattiveria” nei confronti dei migranti irregolari, alimentando una “guerra tra poveri” e gli immigrati tutti (compresi i richiedenti asilo) vengono additati come i nuovi “nemici interni”. Colpevoli di sottrarre il lavoro che non c’è e quello che rimane del welfare in Italia, drasticamente tagliato dalla scure di Tremonti e di Brunetta.

Sempre più spesso la questione dell’ingresso dei richiedenti asilo viene confusa con la “lotta all’immigrazione irregolare”, quasi come se ascoltare le istanze di soccorso e di salvataggio costituisse un incentivo o una vera e propria agevolazione dell’immigrazione “clandestina”. Si dimentica, o si nasconde, che l’Italia ha accolto negli anni appena 50.000 titolari di asilo o di altre forme di protezione internazionale, meno di un terzo della Francia e di un decimo della Germania. Però qualcuno ha la “faccia di bronzo” per invocare il sostegno dell’Europa, un sostegno che ben difficilmente potrà arrivare sia per gli egoismi di alcuni stati ( come la Polonia o la Repubblica Ceca, ma l’elenco è lungo), sia per il discredito, se non l’infamia, di cui il governo italiano si è coperto con la prassi dei respingimenti collettivi, vietati da tutte le Convenzioni internazionali. Le vere questioni irrisolte a livello europeo vengono nascoste accuratamente. Né l’Unione Europea, né l’Italia in questo momento, sembrano intenzionate ad aprire canali legali di ingresso per lavoro né intendono adottare un regime unico vincolante ( e non facoltativo come oggi) per le procedure di asilo, a partire dalla cancellazione del Regolamento n. 343 del 2003 (Regolamento Dublino) che addossa sugli stati più esterni il maggior carico nella accoglienza ( e spesso nel salvataggio) di quanti fuggono verso l’Europa.

Adesso sembra che tutte le responsabilità siano dell’Europa e che solo le decisioni delle istituzioni comunitarie possano risolvere il problema della distribuzione dei rifugiati (resettlement) soprattutto con il ricorso alla esternalizzazione delle richieste di asilo nei paesi di transito. Questa è la vera molla che spinge ad invocare il sostegno dell’Europa. Con la scusa di volere sottrarre persone, tra le quali donne e minori, allo sfruttamento dei trafficanti, si vorrebbe affidare all’Unione Europea il compito di finanziare proprio nei paesi di transito ( come la Libia) nuovi sportelli ( forse anche centri di raccolta) per i richiedenti asilo, gestiti magari da organizzazioni internazionali come l’OIM, che già in passato si sono distinte per i modesti risultati conseguiti ( come adesso conferma espressamente Giuliano Amato per giustificare gli accordi da lui sottoscritti nel 2007 per i pattugliamenti congiunti con la marina libica).

Si è giunti all’assurdo di affermare, come blatera da settimane Berlusconi, che in Libia i migranti respinti dall’Italia possono avere accesso alla procedura di asilo, solo perché dal 26 luglio l’ACNUR ha stipulato una convenzione con l’OIM, magari per intervenire in Libia in qualche caso isolato, quando la stessa Libia non ha ancora sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e non consente a nessuno di visitare tutti i ventisette centri di detenzione disseminati nel paese. Siamo veramente curiosi di conoscere quanti migranti potranno richiedere asilo in Libia, ottenere lì il riconoscimento dello status ed entrare in Italia, come ha affermato il Presidente del consiglio. Una ennesima gravissima menzogna da parte di Berlusconi, che sa bene da tempo come una menzogna ripetuta cento volte possa valere più della verità. Anche perché gli italiani, troppi italiani, permettono ed anzi incoraggiano con il loro consenso questo ribaltamento dei fatti e delle regole, persino del diritto internazionale e delle norme comunitarie.

Sembrerebbe comunque che le istituzioni comunitarie, al contrario di quanto auspicato dal governo italiano, si stiano ponendo maggiormente il problema del resttlement (reinsediamento) degli asilanti all’interno degli Stati dell’Unione, mentre procedono con grande cautela ( e lentezza) nell’affrontare il tema del reinsediamento da paesi terzi (come la Libia), molto più delicato dal punto di vista politico e molto più oneroso dal punto di vista economico. I documenti della Commissione Europea dicono cose molto diverse da quelle che vorrebbe far passare il governo italiano. Un progetto ( questo della esternalizzazione delle domande di asilo e del successivo reinsediamento nei paesi europei) che è già fallito in Marocco ed Egitto, paesi dai quali molti richiedenti asilo sono costretti a fuggire perché le autorità impediscono l’accesso alla procedura o strappano i documenti di riconoscimento rilasciati dall’ACNUR, mentre sono appena qualche centinaio i casi di persone che ottengono il riconoscimento di uno status di protezione internazionale. Eppure quei paesi, a differenza della Libia hanno sottoscritto la Convenzione di Ginevra, e sarebbero dunque tenuti a garantirne l’applicazione, mentre invece disperdono, anche verso la frontiera libica o nel deserto al confine con l’Algeria, quanti avrebbero titolo per ottenere il riconoscimento del diritto di asilo. Nessun richiamo ad una maggiore responsabilità dell’Europa o alla esternalizzazione delle procedure di asilo può giustificare la politica dei respingimenti collettivi.

Si invoca l’intervento ( ed il sostegno finanziario dell’Europa, ma quando l’Europa critica la politica italiana dell’immigrazione non resta altro argomento che il ricorso alle minacce ed alle pratiche eversive dell’ordine costituzionale ( interno e comunitario). Ci si indigna, ma si eludono le “richieste di informazioni” della Commissione Europea e persino le decisioni di sospensiva delle espulsioni adottate dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo ( organo del Consiglio d’Europa).

Come i respingimenti collettivi effettuati ai danni di persone salvate da unità militari nel Canale di Sicilia, la pratica dei respingimenti “informali” alle frontiere dell’Adriatico (ai porti di Venezia, Ancona, Bari, Brindisi) viola il diritto a rimanere nel territorio italiano per il tempo necessario per l’accertamento dell’età, per l’esame della domanda di protezione internazionale, per fare valere i mezzi di ricorso. In entrambi i casi si può verificare la violazione dell’ articolo 3 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti della persona, che sancisce, anche per i casi di respingimento, il divieto di “trattamenti inumani e degradanti”, norma che può essere invocata tanto davanti agli organi comunitari che davanti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo ed al Comitato per la prevenzione della tortura (CPT).. Ma viene messa in discussione anche la stessa possibilità effettiva di presentare un ricorso individuale alla Corte di Strasburgo. Chi ha presentato un ricorso alla Corte viene incarcerato e sottoposto a pressioni di ogni genere perché ritratti o perché altri non seguano il suo esempio. Le prospettive di condanna dell’Italia a livello internazionale sembrano ancora lontane, possono dipendere da delicati equilibri politici, e questo contribuisce a trasmettere alle autorità militari la certezza della impunità, per quanto gravi possano essere gli abusi commessi.

Sarebbe dunque auspicabile che la magistratura italiana sanzioni gli illeciti internazionali commessi dalle autorità italiane nei casi di respingimento collettivo, perché tali illeciti costituiscono anche violazione del diritto interno, sia delle leggi di ratifica dei Trattati internazionali, che delle disposizioni stabilite a favore dei richiedenti asilo e dei minori non accompagnati. Non basta commuoversi per i migranti abbandonati per settimane a morire di inedia in mare. Occorrerebbe anche che non siano sottoposti a procedimento penale tutti coloro che operano azioni di salvataggio in mare conducendo i naufraghi in un “luogo sicuro”, come imposto dal diritto internazionale del mare. Alcuni processi, come quello intentato a carico dei responsabili della nave tedesca Cap Anamur, o il successivo processo a carico di alcuni pescatori tunisini, accusati nel 2007 del reato di agevolazione dell’immigrazione clandestina per avere salvato decine di naufraghi in acque internazionali, hanno avuto, al di là dell’esito delle sentenze che si attendono per il mese di ottobre, un devastante “effetto annuncio”. Sono sempre più numerose le testimonianze di migranti che raccontano di imbarcazioni civili che non si fermano per prestare soccorso, come è avvenuto da ultimo nel caso della tragedia dei 73 eritrei morti due volte, prima per inedia e poi “cancellati” dalle vergognose affermazioni del Ministro dell’interno che ne ha addirittura negato l’esistenza a bordo del gommone. Almeno in questo caso le fotografie diffuse da Malta hanno fatto rapidamente giustizia delle menzogne diffuse per screditare le testimonianze dei naufraghi (vedi le testimonianze su fortresseurope.blogspot.com).

Le vittime di queste prassi “informali” di respingimento ben difficilmente possono fare valere con ricorsi individuali i loro diritti fondamentali, dal diritto alla vita ed alla salute, ai diritti di comprensione linguistica e di protezione internazionale. Le polizie di frontiera nei paesi di transito sono ancora ampiamente colluse con le organizzazioni criminali. Il clima di illegalità, a Patrasso come in Libia, è dominante e numerosi agenti della polizia di frontiera, in entrambi i paesi, sono finiti sotto inchiesta per corruzione, come denunciato nei rapporti pubblicati da Fortresseurope.blogspot.com. Le retate disperdono i profughi, i loro accampamenti vengono incendiati ma il commercio sulla loro pelle continua come continua la collusione della polizia. Chi ha i soldi corrompe e fugge, chi non paga rimane per mesi, addirittura anni, a marcire nei centri di detenzione ed a subire le violenze della polizia. Fino al punto di impazzire.

Non sappiamo quando si potrà ricostituire in Italia un grande movimento di opinione che batta il razzismo di stato e la xenofobia oggi dilaganti. Le nuove divisioni all’interno del mondo cattolico potrebbero rendere molto più lontano questo obiettivo. Ed anche tra le diverse anime dell’opposizione rimane forte la componente che continua a credere nella necessità degli accordi con la Libia. Spetta intanto alle organizzazioni non governative costruire una rete diffusa in modo da garantire un monitoraggio continuo, raccogliere la documentazione, diffondere le informazioni su quanto accade e ricorrere a tutti gli strumenti legali interni ed internazionali per denunciare quanto sta avvenendo in Italia, alle frontiere marittime, in Libia come in Grecia, secondo quanto previste dai vari regolamenti di procedura delle organizzazioni internazionali e comunitarie (per i quali si rinvia al sito http://www.altrodiritto.unifi.it, alla rubrica Diritti/frontiere).

Speciale pacchetto sicurezza – La norma è legge

05 dimanche Juil 2009

Posted by Umoja in Diritti

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immigrati, lega, Maroni, pacchetto sicurezza, respingimenti

Passa al Senato con voto di fiducia. Da oggi siamo tutti più insicuri

Entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. E’ il pacchetto sicurezza che, in questo anno di tempo che lo divide dalla sua presentazione, ha fatto tanto discutere.

Era il maggio 2008 quanto il nuovo Governo, appena insediato, presentava un pacchetto di provvedimenti, il pacchetto sicurezza appunto, composto da un decreto legge, in vigore fin da subito – contenente l’aggravante di reato se commesso da irregolari – tre decreti legislativi, rispettivamente su ricongiungimenti, asilo e cittadini comunitari, di cui il terzo ritirato dopo le pressioni europee, ed un disegno di legge, il 733, oggi votato definitivamente al Senato.

L’iter del provvedimento non è stato certo senza intoppi e battute d’arresto.
Durante la prima votazione al Senato la bocciatura di ronde e prolungamento della detenzione nei Cie fino a 18 mesi. Poi, le polemiche seguite alla previsione della cancellazione del divieto di segnalazione (art 35 TU) da parte del personale medico sanitario per i cittadini stranieri non in possesso del permesso di soggiorno, mentre a catena, emergevano via via tutte le crudeltà neppure troppo nascoste tra le pieghe del testo in discussione.
Su tutte, il vero volano del provvedimento, l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno irregolare.
La sanzione prevista rimane pecuniaria e va da 5.000 a 10.000 euro, ma ciò che è più grave è proprio l’essenza stessa del punto in questione. Entrare irregolarmente in uno stato è espressione di una condizione individuale, soggettiva, quella di essere migranti e non rappresenta un atto lesivo di beni meritevoli di tutela penale, come sottolineato in un appello sottoscritto da moltissimi giuristi. Inoltre, l’introduzione del reato, combinata ad altre norme, rivela quanto sia spietato nel complesso il pacchetto sicurezza proprio imponendo in moltissimi casi la segnalazione, la denuncia della presenza irregolare nel territorio. Delazione diffusa e governo attraverso la minaccia.
E’ così per esempio per l’istruzione scolastica che, nonostante vi sia una deroga alla richiesta del permesso di soggiorno per iscrivere i figli a scuola, potrebbe comportare l’impossibilità, per uno studente divenuto maggiorenne, di portare a termine gli studi sostenendo gli esami finali e contemporaneamente obbligare il preside a denunciare lo studente privo di permesso.
Inoltre, la modifica all’articolo 6 del TU sull’immigrazione, che introduce la richiesta del permesso di soggiorno per ogni atto di stato civile, rende generalizzata la possibilità di denuncia oltre ad inibire alcuni tra gli atti che hanno più strettamente a che vedere con i diritti della persona e dei minori, come la registrazione delle nascite (per chi è privo di passaporto) o la registrazione dei decessi, ma anche l’emersione dal lavoro nero, proprio in quei settori in cui poggia per la quasi totalità sullo sfruttamento di manodopera « irregolare », sottoponendo al rischio di denuncia i testimoni se privi di permesso di soggiorno.

Se fino ad oggi le pratiche di pensiero più avanzate ed attente al teme delle migrazioni ci hanno aiutato a leggere il presente attraverso il paradigma dell’utilità del lavoro migrante, in termini di sfruttamento e subordinazione, oggi, dento la crisi globale, la nuova cifra della nostra epoca, il pacchetto sicurezza sembra consegnarci una angolo di visuale notevolmente più complesso. E’ il governo dell’esubero, fino in fondo il governo della vita, del lavoro e del non lavoro il nuovo baricentro della normativa sull’immigrazione.

Il passaggio alla Camera, anticipato da una nuova bocciature delle ronde e del prolungamento, questa volta fino a sei mesi, dei tempi di detenzione, che il Ministro Maroni aveva inserito in un decreto legge (quello denominato anti-stupri), è stato poi un terreno di misurazione dei rapporti di forza tutto interno alla maggiornaza. Allora, via la norma sui medici-spia, grazie alle pressioni del presidente della Camera Fini e di una lettera sottoscritta da oltre 100 parlamentari del Pdl, in cambio della reintroduzione ancora delle ronde e del prolungamento dei tempi di detenzione, poi, in cambio del voto di fiducia, la deroga prevista per l’iscrizione scolastica. Oggi ci troviamo davanti all’approvazione finale, in ogni caso, di un provvediemnto che ci riporta ad un medioevo dei diritti, una soluzione normativa che non solo attacca i diritti dei migranti, con uno stigma ufficiale impresso sui loro corpi, ma rende meno sicuri noi tutti.

La lotta alla « clandestinità » è il leito motiv dominante, retorica utile a legittimare tanta crudeltà. Ma la realtà è ben diversa. Non solo agli irregolari vengono inibiti una complessità di diritti che nulla hanno a che vedere con la sicurezza, ma la tassa di 200 euro per i rilasci ed i rinnovi dei permessi di soggiorno, le nuove difficoltà previste per ottenere la cittadinanza, le ulteriori restrizioni ai ricongiungimenti, l’introduzione di norme che se applicate provocherebbero una insostenibile emergenza sociale per quanto riguarda il tema della casa e dell’iscrizione anagrafica, con conseguenze drammatiche a catena su una serie infinita di diritti, insieme alla previsione di un test di lingua a cui è subordinato l’ottenimento del permesso di lungo periodo e all’introduzione del permesso di soggiorno a punti, testimoniano come siano anche e soprattutto i cittadini stranieri regolari ad essere colpiti dal pacchetto sicurezza. Per loro, oltre ad una preoccupante stretta sui diritti, anche la minaccia della crisi e della perdita del permesso di soggiorno. Un vortice assolutamente pericoloso. Per migranti e non.

Uno scenario, quello che si prefigura, che si inserisce in un quadro già pesantemente restrittivo e complesso. La legge sull’immigrazione già attualmente in vigore è in primo luogo spettacolo, produzione di immaginario, costruzione di senso, non per questo meno violenta di altre. Ma è anche e soprattutto un terreno di negoziazione, dove ciò che la legge dovrebbe garantire è sottoposto ad una continua contesa e deve essere permanentemente conquistato nel rapporto con l’amministrazione, con i vari servizi coinvolti, fa i conti con prassi disomogenne e restrittive che ogni giorno ricordano ai migranti la loro posizione subordibnata nella scala graduale della cittadinanza.

Allora forse, davanti a tanta barbarie, si è concluso il tempo di chi « accetta » l’immigrazione perchè utile al mercato del lavoro, è finito il terreno di discussione sulla ricchezza della società multietnica, si eclissa la possibilità di opporsi a questi dispositivi deliranti con approci solidaristici o attraverso le lenti dell’anti-razzismo così come fino ad oggi è stato inteso.
Oggi scopriamo che dietro a tanti lavoratori ci sono sogni, desideri e progetti di vita che, né la crisi, né il pacchetto sicurezza, sono in grado pienamente di piegare, scopriamo che la società multietnica è fino in fondo scontro, terreno di contesa, scenario in cui si esercitano, in maniera irruenta, rapporti di forza che coinvolgono noi tutti. E scopriremo, forse, insieme, migranti e non, che è ora di prender parte, di assumere l’attualità dello scontro in atto per dare corpo ad un nuovo modo di schierarsi in questo scenario di violenza che ci viene imposto.
Se sarà il medioevo dei diritti e della dignità, oppure una società diversa il nostro futuro, dipende solo ed esclusivamente da noi.

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa

Ecco alcune tra le disposizioni introdotte

Rapporto 2009 di Amnesty International: “L’Italia disprezza i Diritti Umani”

01 lundi Juin 2009

Posted by Umoja in Diritti, Immigrazione

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amnesty, Diritti, discriminazione, international, libia, respingimenti, ROM

Milano, 28 maggio 2009.


L’80 per cento delle condanne a morte eseguite nel mondo avviene nei Paesi del G20, così come il 79 per cento dei casi di tortura. 963 milioni di esseri umani soffrono la fame, un miliardo vivono in insediamenti precari, 1,3 miliardi non hanno accesso all’assistenza sanitaria. Ogni giorno muoiono 20 mila bambini a causa delle cattive condizioni igieniche in cui sono costretti a vivere, mentre ogni minuto muore una donna per complicazioni legate alla gravidanza. Questi, in sintesi, i dati che emergono dal rapporto annuale sui Diritti Umani pubblicato da Amnesty International. L’Italia è uno dei Paesi che preoccupano maggiormente l’organizzazione. “La politica dell’immigrazione italiana e i respingimenti dei rifugiati che arrivano con le barche in alto mare,” commenta Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, ”è espressione di un disprezzo dei diritti umani e delle persone veramente disperate che qui cercano aiuto. L’Italia sarà ritenuta responsabile di quanto accadrà ai migranti e richiedenti asilo riportati in Libia, dove non esiste una procedura d’asilo e si verificano gravi episodi di tortura e trattamento inumano”. La Weise, illustrando i contenuti del rapporto che accusano l’Italia, sottolinea quindi “il clima di razzismo crescente e la totale disumanità delle procedure di sgombero dei campi Rom, un popolo al centro del disprezzo e di una spirale di violazioni dei Diritti Umani”. Particolare condanna verso il decreto n° 733 sulla sicurezza, che Amnesty International – insieme al Gruppo EveryOne, al Coordinamento Sa Phrala e ad altre organizzazioni che combattono la xenofobia – si prepara a portare di fronte alle corti internazionali per i Diritti Umani, affinché ne sia dichiarata l’illegittimità e il contenuto ispirato a razzismo, odio etnico e criminalizzazione dei gruppi minoritari. Anche le relazioni – finalizzate a risolvere il “problema dei profughi” – fra il governo italiano e il colonnello Gheddafi, protagonista di gravi abusi dei Diritti Umani e leader di un Paese in cui si praticano la tortura e altre forme di maltrattamento di migranti, rifugiati e richiedenti asilo, un Paese che ha perpetrato espulsioni di massa di profughi provenienti da nazioni in crisi umanitaria, preoccupa Amnesty International.

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